Seganti A., Verde C., Caporale R. (2010)
*relazione presentata al Congresso Nazionale SPR (Società per la Ricerca in Psicoterapia), 1-3 ottobre 2010, Perugia.
Abstract
Il linguaggio rappresenta un abile mezzo per veicolare e regolare momento per momento sensazioni, emozioni ed aspettative legate al nostro costante modo di relazionarsi, contrattare con gli altri e cercare il consenso. Ma, allo stesso tempo, le parole inevitabilmente condensano, riducendo la ricchezza di una storia evolutiva iscritta nei primi scambi interattivi e costituita da complesse strategie di negoziazione.
Il “bambino osservato”, come direbbe Stern, è un bambino molto attivo su un piano percettivo e sensoriale, fine rilevatore di emozioni, “competente” in materia di valutazione e gestione delle situazioni interpersonali, un piccolo imprenditore perché “sa” come muoversi in un terreno minato fatto il più delle volte di compromessi storici da sottoscrivere soprattutto con le persone più a lui vicine.
Un bambino che quando diverrà adulto affinerà con il linguaggio la sua già consolidata esperienza in accordi e contrattazioni, dando voce a tutto ciò che fino a un momento prima era solamente “muto”. Nell’avvalorare le nostre tesi su un sofisticato sistema di debiti e crediti presente già nelle prime interazioni di vita, l’Infant Research ci viene incontro su alcuni concetti base. Innanzitutto, neonato e caregiver rappresentano un sistema interattivo e interdipendente in continua evoluzione, dove il passaggio di informazioni è tremendamente bidirezionale, e tendente verso una coordinazione armoniosa o allineamento dei rispettivi stati interiori.
Inoltre, il sistema diadico madre-bambino si sviluppa attraverso una serie di eventi significativi, in cui la reciproca sintonizzazione procede in un’ alternanza di stati di “Rottura e Riparazione”. L’interazione istante dopo istante non è mai sincrona, ma caratterizzata, viceversa, da rotture, mancati allineamenti, equivoci e strategie di ricontrattazione relazionale. La regolazione attesa come la riparazione sono gli obiettivi di sviluppo ma il percorso è fatto di disgiunzioni quanto mai ubiquitarie.
A tal proposito, gli studi Face to Face di Tronick (1978) hanno messo in evidenza come l’interazione precoce si sviluppi proprio nel passaggio continuo da stati coordinati a stati non coordinati e viceversa, e come, di conseguenza, tutto ciò produca nel piccolo una complessa proto-competenza relazionale; l’esistenza di questa primissima forma di intelligenza senso-motoria è dimostrabile attraverso la constatazione di come più di un terzo dei comportamenti riparatori nelle diadi normali si verifichino prima dell’evento interattivo successivo, evidenziando la presenza anche nel bambino di aspettative relazionali (Tronick e Gianino, 1980).
Ma tali studi mettono in evidenza qualcosa altro di ancora più sorprendente. Sempre lo stesso Tronick, attraverso il paradigma sperimentale dello Still Face, dimostra come i neonati, dopo aver osservato il fallimento della madre di fronte ai loro tentativi di richiamo, reagiscano con il ritiro ed il distacco per poi, ancora una volta, successivamente, voltarsi verso di lei nella speranza di ottenere una risposta. Continuando nell’esperimento, se a questi tentativi del bambino non vi sarà rispondenza per un certo periodo più lungo di tempo, quest’ultimo tenderà a perdere il controllo posturale e a cadere in un profondo stato di tristezza.
Dunque, i ripetuti fallimenti di coordinamento possono dare vita a strategie di evitamento con uno squisito valore interpersonale, nonostante la diffusa concezione che riconosca nel distacco un fallimento nella relazione. Tali strategie, oltre che proteggere il bambino da affetti negativi e da eccessi di tensione, gli permettono, allo stesso tempo, di sentirsi protagonista del salvataggio della relazione, tanto da innescare un’attesa che si tinge di promessa e di speranza nell’essere un giorno “risarcito”. In ricerche più recenti dello stesso Tronick e Weinberg (1990), sull’approfondimento delle reazioni affettive in bambini di 6 mesi alla ripresa dell’interazione con la madre dopo il paradigma dello Still Face, i risultati confermano la nostra ipotesi interpretativa. La riparazione interattiva nell’ultima sequenza del paradigma sperimentale ha creato una complessificazione della risposta emotiva e comportamentale del bambino, il quale ora presenterebbe uno stato misto di manifestazioni affettive positive e negative; a predominare, comunque, sarebbe l’affetto positivo di facciata, conseguenza prevedibile del riallineamento avvenuto a qualsiasi costo. Tronick, a tal proposito, evidenzia una moltiplicazione dei comportamenti positivi rivolti verso la madre superiori a quelli osservati nell’episodio iniziale di interazione sociale: aumentano le espressioni di gioia, di sguardo nei confronti della madre, le vocalizzazioni neutre/positive e i gesti di segnalazione verso la stessa, rispetto alla fase 1 di gioco iniziale e fase 2 di volto immobile. Diminuiscono le strategie di coping legate al disimpegno, consistenti nel guardare gli oggetti o perlustrare l’ambiente circostante. In primo piano c’è tutto questo, ma in sottofondo rimane comunque la rabbia e la tensione di un bambino che non ci sta e rilancia come a dire “ora tocca a me, sono io che pretendo!”.
Dunque, il meccanismo di rottura e riparazione sembra giocare un ruolo chiave nella creazione di intenzioni ed aspettative relazionali, una parte delle quali potranno essere mascherate in sottofondo con il meccanismo del ritiro o avere la possibilità di emergere nel contesto di un ambiente attento.
E’ da rilevare quanto i lavori di Tronick come di altri ricercatori dello sviluppo portino con sé i germi di un rinnovamento più ampio. In una costante dialettica con la clinica, l’accento posto sui meccanismi di Rottura e Riparazione apre la via per una più realistica ed esplicativa concezione della psicopatologia e della psicoterapia, fondata sulla conoscenza di complesse informazioni presimboliche, implicite e relazionali, inscritte nella storia più squisitamente biologica ed evolutiva del soggetto.