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Il termine deriva dal greco autòs (stesso), per significare soprattutto la chiusura in se stessi e la mancanza di integrazione con l’ambiente. L’autistico può manifestare forti carenze nell’espressione verbale, comportamenti ossessivi, ansietà e disturbi del sonno, indifferenza o ipereccitabilità agli stimoli esterni.
La sigla che riassume le sue varie manifestazioni è DSA, ovvero Disturbi dello Spettro Autistico. Si tratta di un disturbo di natura cerebrale le cui conseguenze più evidenti sono una forte riduzione della comunicazione con gli altri e dell’integrazione sociale del soggetto che ne è colpito.
L’uso moderno del termine è correlato alle ricerche di Kanner, che negli anni ’40 si occupò ampiamente dell’autismo infantile precoce, definito allora sindrome di Kanner e classificato tra le patologie neurologiche organiche. Alcuni studiosi ne attribuirono le cause a fattori psicologici, mentre ulteriori studi (Asperger e altri) ribadirono l’origine neurologica della sindrome.
Oggi l’intervento della psicologia clinica sui soggetti affetti da autismo è orientato verso un sostegno psicoeducativo del bambino ad ampio raggio, coinvolgendo le figure familiari e gli educatori in tutti quegli aspetti, numerosi e complessi, che accompagnano l’autistico nello sviluppo e nella comunicazione con gli altri.
L’autismo, che può manifestarsi con livelli diversi di gravità, necessita di un trattamento terapeutico adeguato fin dal primo insorgere e protratto nel tempo.
(Liberamente tratto da Wikipedia).